Le repubbliche giacobine in Italia

Le vittorie di Bonaparte sugli Austriaci produssero nella struttura dell’Italia settecentesca un vero e proprio terremoto. Scomparvero difatti Stati secolari, antichissimi confini furono cancellati nell’entusiasmo delle minoranze giacobine. Ai gruppi che, in segno di vittoria, alzavano sulle piazze gli alberi della libertà, facevano spesso riscontro lo sbigottimento, la costernazione e, talvolta, violente manifestazioni di opposizioni da parte delle popolazioni fedeli ai vecchi governi. Non mancarono segnali di consenso tra gli strati popolari e medi, ma le speranze in tal senso tramontarono ben presto dinanzi alla spietata condotta di guerra dei liberatori, alle requisizioni, ai saccheggi. Le autorità francesi si appoggiarono prevalentemente alla borghesia moderata, ai proprietari, ai gruppi più moderni del patriziato, isolando come estremisti i patrioti. Divenne perciò impossibile perseguire una politica sociale capace di riscuotere il consenso delle plebi: da ciò deriva il loro riflusso reazionario o la loro passività nei confronti della Rivoluzione.

Le prime repubbliche sorsero sotto l’impulso di Bonaparte che, perseguendo un proprio disegno ambizioso, intendeva crearsi in Italia un potere personale da contrapporre a quello del Direttorio. Aveva in animo di utilizzare gli entusiasmi dei patrioti per costruire il sistema delle repubbliche sorelle e satelliti. Il paese, tuttavia, fu scosso da un moto di rinnovamento e le repubbliche costituirono il primo centro di formazione della società italiana moderna.
Sotto il patronato di Bonaparte sorse, nell’agosto del 1796, l’Amministrazione generale della Lombardia, un organismo indipendente dai Francesi per quanto riguardava la gestione degli affari locali; poi, nel gennaio 1797, fu la volta della Repubblica cispadana, formata dai territori estensi di Modena e Reggio e dalle Legazioni di Bologna e Ferrara strappate al papa. Si costituì a Reggio un governo provvisorio che arrivò ad armare un proprio esercito e ad ospitare un’assemblea rappresentativa che, pur controllata dai Francesi, espresse le prime testimonianze nazionali unitarie e si dette una bandiera i cui colori (bianco, rosso e verde) dovevano diventare i colori della bandiera italiana. Il 6 giugno 1797 i patrioti genovesi insorgevano proclamando la Repubblica ligure, garantita dalle armi francesi, e, nel luglio dello stesso anno, la Lombardia, ottenuta da Parigi una Costituzione, si proclamava Repubblica transpadana. Si cominciava a pensare in italiano.

Le nuove repubbliche erano legate, ovviamente, alle sorti del conflitto e potevano essere travolte dalla controffensiva austriaca. La campagna d’Italia, tuttavia, continuò ad essere assolutamente favorevole a Bonaparte. Questi, superata la resistenza lungamente opposta dagli Austriaci intorno alle fortezze di Mantova, incalzò il nemico nelle vallate alpine, si impadronì, sotto una tempesta di neve, del valico di Tarvisio e penetrò in Austria, puntando su Vienna. La diplomazia asburgica lo fermò a poca distanza dalla capitale avanzando serie proposte di pace. L’Impero avrebbe consentito al possesso francese del Belgio (Paesi Bassi austriaci) e, in tal modo, la Francia avrebbe ottenuto l’agognato confine sul Reno. In cambio gli Asburgo chiedevano la spartizione della Valle padana tra le due potenze: ai Francesi sarebbe toccato il controllo della Lombardia e dell’Emilia, agli Austriaci la sovranità su gran parte dei territori della Repubblica democratica veneta, nonché la stessa città di Venezia. Queste trattative si tennero nell’aprile 1797 in Austria, a Leoben; a settembre, a Parigi, il Direttorio, forte dell’appoggio militare di Bonaparte, liquidò una pericolosa avanzata dei monarchici (colpo di Stato di fruttidoro). Ormai politicamente sicuro, Napoleone il 17 ottobre stipulò il Trattato di Campoformio e rese pubblici i risultati delle sue trattative con l’Austria.

Il fronte patriottico italiano subì una grave sconfitta: la guerra per la liberazione dei popoli aveva ceduto alla ragion di Stato, i popoli erano ancora merce di scambio tra i potenti della terra come ai tempi dell’Antico Regime. Quasi a compensare i patrioti italiani dei sacrifici imposti loro dalle sue politiche, Bonaparte il 27 luglio 1797 unificò i territori delle repubbliche Transpadana e Cispadana e, aggiuntevi le province veneziane comprese tra Adda e Adige, diede vita alla Repubblica cisalpina. Questa parve ad alcuni il primo nucleo di uno Stato nazionale italiano. La Cisalpina, con la sua capitale a Milano, con esercito, amministrazione e bandiera propri, costituiva uno Stato che, per quanto ancora compreso nell’orbita egemonica della Repubblica francese, appariva di per sé vitale, economicamente autonomo, capace di conseguire una certa indipendenza ed autonomia politica (o, almeno, così si sperava).

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